venerdì 11 dicembre 2009

Krysmopompas – Gesa 7”

La seconda uscita della collezione autunno-inverno targata Avant! è il primo 7” dei krukki Krysmopompas che, nonostante un nome non proprio allettante (seppur preso da un film di RW Fassbinder), si fanno apprezzare per una miscela di neue deutsche welle e post-punk attualizzata sul versante più strambo e malato della nuova onda. Come dei Cabaret Voltaire d’oltre cortina chiusi in una trabant ad ascoltare musica industriale, i quattro giocano con casio giocattolo per stabilire melodie minimal-wave (Gesa) o intrufolarsi in ossessive e alienanti reiterazioni DAFiane (Volker).

I suoni di questi due pezzi – nati nelle stesse sessioni in cui musicarono lo short movie I, Synesthesia – sono letteralmente ricoperti da un alone di alterità est-europea, quasi fosse caliginosa e materica polvere di stelle caduta dalle ceneri dell’impero ex-sovietico e giunta fino a noi sotto una teca di cristallo. Lunga vita ai berliner.

lunedì 23 novembre 2009

Feeling Of Love - Waiting For The Cheerleaders To Get Drunk 7''

Torna la Avant! con un paio di uscite piuttosto attese da chi bazzica i sottoscala più oscuri e puzzolenti del nuovo dopo-punk. Per primi i francesi The Feeling Of Love, avvezzi a ruotare a 45 giri con la meglio gioventù del globo terraqueo, inclusi i nostrani Movie Star Junkies. Ora questo 7” – il primo dopo l’esordio lungo Petite Tu Es Un Hit su Yakisakana e l’ennesimo di una sterminata produzione – oltre a stravincere il premio per miglior titolo del millennio gioca di fino su traiettorie noise-synth-punk come è di moda oltralpe: la creatura di G. e Seb Normal (per l'occasione allargata a trio) va sul paranoide/mongoloide nel lato A (quello che da il fantastico titolo al 7”) con una nenia demente che più appiccicosa non si può e prosegue più scattoso e nevrotico, ma sempre affine alla linea tracciata, sul lato B con What’s Your Name? Who’s Your Daddy?
Sono in tour in Italia proprio in questi giorni. C’è da raccomandarsi di non perderseli?

lunedì 12 ottobre 2009

ricominciamooooooo...


...gridava pappalardo e così gridiamo noi, pronti a ributtarci nell'etere del 2.0 a suon di giri di vinile...
perciò bentrovati a tutti!!!

martedì 23 giugno 2009

non siamo morti...


...siamo solo temporaneamente assenti...
ma torneremo più in forma di prima...resta solo da capire quando...

mercoledì 1 aprile 2009

OvO / Claudio Rocchetti – Split 7”



Respiro sempre più internazionale per la Holidays Records. Dopo Talibam! e prima del 10” degli Usa Is A Monster, un pezzetto di vinile tocca anche a due moniker italiani di nascita ma internazionali per residenza e ampiezza di orizzonti.
I “berlinesi” OvO e Claudio Rocchetti si dividono equamente i quasi 10 minuti di questo split, ognuno alla propria maniera. Con un lento, putrescente sludge-core l’accoppiata Dorella-Pedretti; con un lungo sogno-incubo per elettroacustica sfatta e grumosa Mr. Rocchetti. L’effetto disturbante è, as usual, totale per entrambi, ma se In A Corner e Carestia a targa Ovo puntano più sulle viscere, vomitando incubi selvaggi e macilenti e ricordandoci che siamo fatti di sangue e merda, The Black Lake del dj decostruttivista sceglie la via della dissoluzione e dell’ossessività spettrale, tra cupi rumori trovati e nenie da haunted music.
A pelle ci verrebbe da prediligere i primi, ma soltanto in virtù della nostra provenienza “rock”, ma le atmosfere create dai due presenti finiscono con l’essere allo stesso tempo speculari e complementari.
L’unica cosa che possiamo fare, oltre consigliare l’acquisto di questo vinilino è urlare Wir sind alle Berliner. Grande Holidays e grande Wallace, visto che il vinilino è in co-produzione con l'etichetta di sua santità Mirko Spino.

lunedì 30 marzo 2009

Sonic Attack Trilogy part III: Lords Of Light


Era inevitabile che al terzo volume del tributo agli Hawkwind partecipassero due campioni della psichedelia più chitarristica e hard-oriented. I Kinski, sul lato A riprendono in maniera tutto sommato filologica quella cavalcata hard che era Master Of The Universe, da In Search Of Space, secondo album del gruppo inglese. Se però l’originale era permeato da un mood alieno che rimandava pesantemente all’immaginario sci-fi, il quartetto di Seattle punta dritto al panzer hard. Perciò a tirare le fila è la chitarra, impegnata in un tour de force incentrato praticamente sull’unico riff. L’unica concessione alla alterità è il break nella seconda parte del pezzo che fa riemergere l’amore dei Kinski per i contrasti tra vuoti pneumatici e suoni in saturazione.
È Lord Of Light invece ad essere omaggiata dai Bardo Pond dei fratelli Gibbons, che per non esser da meno dei colleghi, virano ancor più al nero il riff portante del pezzo; la voce femminile di Isobel però addolcisce il monolite hawkwindiano spostandolo sul terreno classico della band americana: uno space-rock psichedelico e dilatato che non disdegna di sfiorare lande shoegaze e sognanti.
Insomma, altro ottimo vinile in un progetto perfettamente centrato. Dopotutto Every note has a noise, dicono dalle parti della Trensmat e questo tributo allo space-rock degli Hawkwind lo conferma appieno.

sabato 7 marzo 2009

Sonic Attack Trilogy part II: Psychedelic Warlords

Il secondo appuntamento con la Sonic Attack Trilogy della Trensmat vede scontrarsi sui solchi del vinile Acid Mothers Temple e White Hills.

Sulla infatuazione space-psych-rock del collettivo di Kawabata Makoto credo sia stato già detto tutto. In aggiunta il secondo volume della trilogia – non a caso sottotitolato Psychedelic Warlords – porta giusto il doveroso tributo ad uno dei capisaldi dell’universo AMT: una Brainstorm totalmente annichilente, stravolta in un trip cacofonico dalla follia dei giapponesi a furia di distorsioni chitarristiche e svisate aliene di theremin, oscillatori, synth e quant’altro. Tutto l’arsenale rumoroso e spacey del gruppo è dispiegato senza risparmio alcuno e, a differenza di alcune ultime prove, non stanca affatto.

A ruota seguono le nuove sensazioni del suono hard’n’spacey White Hills, from NYC. Che a dirla tutta, anche nel trattamento cui sottopongono Be Yourself dimostrano di meritare tutte le lodi ricevute. In primis, perché stravolgono il pezzo degli Hawkwind metabolizzandone l’afflato freak e rigurgitandolo in un vero e proprio maelstrom distorsivo cacofonico e violentissimo: batteria iperamplificata modello martello pneumatico e l’accoppiata chitarra e basso in totale overdrive.

Il risultato è un hard-rock psichedelico che si riproduce in un loop infinito fino a sfumare nel deliquio finale, quando si riallaccia al refrain quasi-prog dell’ossessivo ritornello che da il titolo al pezzo.


giovedì 5 marzo 2009

Sonic Attack Trilogy part I: Motorheads

Ne accennammo tempo addietro e ora, seppur in ritardo, siamo qui a parlarne. La Sonic Attack Trilogy della Trensmat è un tributo in vinile piccolo agli Hawkwind sotto forma di 3 split.
Nel primo, sottotitolato Motorheads si confrontano Mudhoney e Mugstar; nel intermedio Psychedelic Warlords, tocca ai giapponesi Acid Mothers Temple e White Hills, mentre nel conclusivo Lords Of Light è la volta di Bardo Pond e Kinski.

Procediamo con ordine e partiamo dal primo 7”. Ai Mudhoney non dev’essere sembrato vero di poter mettere mano su uno dei primi singoli della band inglese, Urban Guerrilla, e partire di fuzz come se piovesse. Un Mark Arm in splendido spolvero graffia con quel suo timbro roco il classico hawkwindiano mentre i sodali, Steve Turner in primis, si scatenano su quei riff eterni. Rispondono i Mugstar, band di cui so poco se non che non sfigurano affatto prendendo alla lettera le lyrics di Born To Go (We were born to go / We're never turning back / We were born to go / and leave a burning track…). Partono infatti dritti come folli, a velocità super, con vagonate di riverberi su voce e strumenti e il pezzo diviene ben presto un tour de force space-rock durissimo e ipercinetico.
Puro motorik sound ai suoi massimi livelli e primo centro della serie.

martedì 3 marzo 2009

Cheval Sombre – I Found It Not So 7"

Una ninnananna da spazi profondi. Un cullare atavico che lascia fluttuare nel vuoto.

Sospesi. Inerti. Gassosi.

Inizia così, I Found It Not So. Chitarra arpeggiata. Voce suadente. Una sensazione di calma bucolica e rilassatezza eterna che si protrae per tutti i 4 minuti e 15 secondi del pezzo. Un peccato che i solchi del vinile si interrompano, ché se si continuasse in eterno, se si imprigionasse quel mood in un lock groove infinito non ci si starebbe a preoccupare di puntine e levette. Si rimarrebbe lì, estatici ed estasiati. Inebetiti da tanta, semplice, sfuggevole dolcezza.

Dall’altro lato del paradiso ad aspettarci è Where Did Our Love Go. Classico delle Supremes dilatato e stiracchiato da Cheval Sombre tanto da raddoppiarne la lunghezza originale e disegnare lande shoegazing trip-hop(!).

Cheval Sombre non è nuovo da queste parti. All’anagrafe è Christopher Porpora, newyorchese di lontane origini italiane e per questo 7” su Static Caravan chiama in causa Sonic Boom (produzione per la title-track) e Dean (Wareham) e Britta (Phillips) – in pratica i Luna – a chitarra, minikorg e celesta.

In uscita l’album d’esordio per l’etichetta di Wareham, la Double Feature, proprio in collaborazione con Peter Kember, ossia mr. Sonic Boom.


mercoledì 4 febbraio 2009

Mi Ami – Ark Of The Covenant/Echononecho 12”

Accoppiata di 12” pre e post Watersports, il primo sorprendente album lungo dei Mi Ami in uscita proprio in questi giorni per Quarterstick.

Un po’ di storia, per cominciare. Dietro la sigla molto italiana si nascondono due terzi dei purtroppo disciolti Black Eyes: due ottimi dischi di no-wave schizzata su Dischord e i cuori infranti di molti fan, il loro lascito. Ai due fuoriusciti Daniel Martin-McCormick (chitarra e voce) e Jacob Long (basso) si è aggiunto Damon Palermo dietro le pelli proprio in tempo per pubblicare il 12” d’esordio African Rhythms, sold out immediatamente. L’hype cresce a dismisura, tanto era potente e breve l’esperienza precedente che Watersports è atteso come manna dal cielo per chi ha predisposizione open-minded. E questi due vinili non fanno che confermare la bontà del progetto.

Terzomondismo non di facciata, fascino per percussività poliritmica e aperture dub, un certo gusto per la jam dilatata e free suonata con piglio post-punk, attitudine funk-wave e passione per l’uso dei riverberi in fase di registrazione. Questo contengono le lunghe jam Ark Of The Covenant e Echononecho (primo singolo del nuovo album) e le rispettive versioni semistrumentali e dubbate presenti nei lati b come ai bei tempi dell’infatuazione dub dei gruppi post-punk inglesi.

L’anello di congiunzione tra i combo di funk bianco inglesi degli ’80 e l’underground diy americano dei giorni nostri? Il tempo ce lo saprà dire, ma per adesso propendiamo per il si.


lunedì 2 febbraio 2009

Various – XXperiments 12”

Giunto è il tempo delle compilation per mettere un punto su un sottobosco in perenne fermento. Quale sottobosco? Ma quello americano più out e freak, che ama flirtare con musiche vecchie e stravaganze da nascondismo. La rilevanza nel titolo di quella doppia x rimanda al cuore della questione: compila al femminile gli esperimenti più lo-fi noise messi in atto dal versante femminile del nuovo lo-fi noise a stelle e strisce, la cosiddetta crimson wave (in gergo, il periodo mestruale delle signorine).
Sfilano così, sotto moniker ancora conosciuti solo ai cultori dell’underground vinilico e strictly limited, le migliori esponenti del lotto. Da Zola Jesus (uscite su Sacred Bones e Die Stasi), a Luxury Prevention, il giocattolo casalingo della tipa di Little Claw; dalle doppie vesti di Haley Fohr – in solitaria come Circuit De Yeux – e Katie Leming – col nome de plume Bird – presenti anche in coppia come Cro Magnon, alla misconosciuta one lady show a nome Buckets Of Bile per finire con la più esperta Megan Remy, che con l’aka U.S. Girls si è già tolta lo sfizio di incidere per Siltbreeze.

Le musiche? Beh, i pochi minuti di questo vinile tratteggiano un po’ tutte le linee direttrici della suddetta “crimson wave”: percussività wild e stravaganze weird, suoni-giocattolo trovati e nenie post-atomiche, moaning corroso e rumorismo mutante.

Pubblica Die Stasi e questo, per certi suoni, significa garanzia di qualità e hype sotto traccia.

lunedì 19 gennaio 2009

Cacaw – Get A Brain 12”

La Permanent – negozio/etichetta di Chicago – dopo aver pubblicato l’ottimo split 12” tra Cave e California Raisins, mette a segno un altro centro con l’esordio di Cacaw.

Nome nuovo fino ad un certo punto. Della partita sono infatti Carrie Davidson e Anya Vinarsky, due delle 3 signorine che formavano il sestetto di punk no-wavers Coughs, autore di un paio di ottimi dischi su Load e titolare di una feroce reputazione live. Zack Pink Shoes (ex Lovely Little Girls) e Kyle (ex Slut Barf) completano il quadrilatero che si muove grossomodo sulle coordinate del suono Coughs.

La chitarra isterica e no- unita alle solite vocals ossessive e psicotiche appannaggio delle due ragazze sono lì a testimoniarlo. A venire accentuato è però l’aspetto tribaloide della band originaria, in virtù di una sezione ritmica possente e monolitica che sfrutta due bassi, una batteria caterpillar e l’aggiunta di percussioni sparse. Aspetto perfettamente rappresentato nel sabba infernal-cacofonico di The Monster’s Salty Tears e nel pachidermico incedere di Tri-Dog.

Get A Brain è un esordio violento, sparato in faccia, incompromissorio e realmente devastante, la cui unica pecca – se si pecca si può parlare – risiede nella natura stessa di un suono che deve essere omogeneo e compatto al limite del monolitico.

Se la fama del quartetto – dovuta principalmente agli incendiari live – ha fatto loro guadagnare la stima di Dan Friel dei Parts & Labor, direi che si può tranquillamente scommettere su di loro.


mercoledì 14 gennaio 2009

Doxa Sinistra – Conveyer Belt lp

C’è lo zampino dell’Italia più naif e underground dietro questo Conveyer Belt. Questo vinile è infatti la riedizione di un nastro uscito originariamente nel 1985 dalla collaborazione tra l’olandese Trumpett e la storica etichetta milanese ADN. A rendere disponibile questa gemma è l’interessante label olandese Enfant Terrible che offre una ristampa tutto sommato fedele: ad essere escluso è solo un pezzo, il collage dada-rumorista di Noise Panting Tableau 1.
Minimal synth-wave rumorosa declinata secondo il verbo dell’industrial e di quella electro che poi si sarebbe chiamata EBM, la proposta degli olandesi Hanjo Erkamp e Brian Dommisse, coadiuvati per l’occasione da Jan Popma e Frank Brinkhuis.
Conveyer Belt è uno di quei dischi che hanno il dono di suonare attuali e al passo coi tempi – si pensi alla recente rinascita dell’attenzione verso i suoni della wave più minimale, ossessiva e synthetica – anche a distanza di molto tempo dalla pubblicazione.
I 13 pezzi dell’album si muovono muscolari e impetuosi su quel terreno calcato da Lassigue Bendthaus, Skinny Puppy e S.P.K. ma pur sempre virato in chiave wave e suonato con spirito avanguardistico e sperimentale. La straniante nenia da muzak in disarmo di The Other Stranger è esemplare: bassa battuta e voce robotica intessono un teatrino post-apocalittico da brividi.
Ottima riscoperta per una etichetta piccola ma che ci sta dando sempre belle soddisfazioni.

martedì 13 gennaio 2009

Expo ’70 – Sunglasses 7”

Ideale compendio al da poco uscito Black Ohms, questo 7” è l’ennesimo centro per Justin Wright, aka Expo ’70 e per la sempre più ottima Trensmat. Della seconda si è già parlato e si tornerà a breve a farlo per commentare la trilogia Sonic Attack, tributo in vinile piccolo agli Hawkwind con dentro Kinski, Acid Mothers Temple, Bardo Pond ecc.

Di Expo ’70 invece si è parlato in altre sedi (SA n.51, nello specifico) ma le due gemme racchiuse in questo 7” non possono passare inosservate, poiché dimostrano come il droning d’origine krauta messo in scena dal solitario di Kansas City si trovi a suo agio anche su distanze meno estese.

Le late night improvisations Sunglasses (lato A) e Transcending Energy From Light (lato B) mostrano l’anima notturna e ossessivamente trancey di Expo ’70, affidandola ai due metodi del procedere musicale di Wright: Sunglasses evidenzia il lato più fluttuante e malato, con le maree montanti di synth lì pronte a fornire una versione a-ritmica e spacey del kraut tedesco; Transcending Energy From Light, come da titolo, apre invece agli arpeggi di chitarra in modalità ipnotica che si depositano sul sostrato droning nero-pece come pulviscolo proveniente da un cortocircuito spazio-temporale con la California psych più deviata e astratta.


lunedì 12 gennaio 2009

Factums – The Sistrum/A Primitive Future lp

Tra i gruppi che hanno caratterizzato il 2008 un posto di rilievo è occupato sicuramente dai Factums, trio wave da Seattle titolare di almeno un paio di uscite lunghe memorabili.
Dopo l’accoppiata del 2007 – l’esordio omonimo per Siltbreeze che rieditava un cd-r homemade e Spells & Charms per Kill Shaman – l’anno appena trascorso ha visto altre due release lunghe, ovviamente entrambe in vinile, per Sacred Bones e la neonata Assophon.

In tempi di elefantiaca sovrabbondanza discografica, però, non sono tanto le uscite a segnare la specificità dei Factums, quanto quell’etica/estetica retrofuturista che Dan Strack, Jesse Paul Miller e Matthew A. Ford mettono in atto con estrema nonchalance e che trova la sua sublimazione nella colonna sonora immaginaria A Primitive Future.

Andando con ordine, è The Sistrum a vedere per primo la luce. Incastonato in una delle stupende cover della Sacred Bones – gente che conosce bene il significato di estetica – deforma ancor di più i territori instabili percorsi nei dischi precedenti. Una wave smostrata, mutante, arcaicamente futurista e fieramente spastica che se ne fotte altamente di forma-canzone e linearità espressiva. Che passa cioè attraverso i paludosi lidi di industrial-music e immaginario sci-fi, San Francisco fine ’70 e Inghilterra grigia e cementizia (grossomodo Sheffield), wave che più out non si può e dilatazioni da america weird noise, approssimazioni garage-oriented e rumorosissime escursioni shitgaze.

A Primitive Future è invece la colonna sonora per un film inesistente che acuisce ancor di più la tendenza sperimentale del trio, frammentando lo spettro sonoro in una disomogeneità che dagli schizzi sotto il minuto arriva ai 12 minuti della suite di Looking For The Armpit Of A Snake. Stranamente però la coesione dell’album resiste alle fratture imposte dai tre e l’andamento da buco spazio-temporale del suono è tipicamente riconoscibile come Factums. Quello cioè di una attitudine, anzi di una predisposizione al weird che fa assurgere il trio al ruolo di improbabile mix tra Chrome, Dead C e Residents proveniente, nella migliore delle ipotesi, da Marte. Dall’inferno, nelle peggiori.


lunedì 5 gennaio 2009

Cold Cave – Painted Nails 7”

Da un’etichetta come la Hospital, di proprietà di Dominick Farnow, meglio noto come Prurient, con un catalogo con nomi come Kevin Drumm, Wolf Eyes e, appunto, Prurient cosa ci si potrebbe aspettare? Basse frequenze apocalittiche, harsh noise disturbante, fiumi di rumore bianco. E invece sepolto sotto i rivoli cangianti di questo piccolo vinile che è il primo lascito a nome Cold Cave si nasconde una sensibilità dark-synth-wave cui molti recentemente sembrano essersi immolati.
Buon ultimo Wesley Eisold, titolare (apparentemente unico) della cava, agitatore della scena weird di Philadelphia, condirettore di Heartworm Press e con trascorsi più o meno noti nel sottobosco hc-noise americano con Some Girls e altre mille bands.
Un gusto retro-futurista avvertibile sin dall’opener Sex Ads, nonostante i primi secondi di pura distorsione in white noise indirizzino verso tutt’altri lidi consoni all’etica/estetica dell’etichetta. Ma l’attenzione, la fascinazione di Cold Cave per un passato minimal-wave ossessivo e lancinante si reitera a pieno titolo nella pioggia di synth old-fashioned della conclusiva Always Someone. Il tutto, ovviamente, sempre trattato con delicatezza harsh.
Dopotutto, I’ve Seen The Future And It’s No Place For Me non è una canzone, ma una dichiarazione d’intenti.